Cagliari e la guerra mondiale: nel 1943 l’inferno rabbuiò la Città del Sole

«Piazza Yenne era il regno del mercato nero», ricorda Efisio Podda, «si vendeva di tutto, ma rigorosamente a sa martinica, cioè di nascosto».

La città di Cagliari martoriata dalle bombe della seconda guerra mondiale

Queste e altre storie sono leggibili nel seguente articolo inerente la nostra recente iniziativa sulla città di Cagliari durante la seconda guerra mondiale.

Riproponiamo un articolo pubblicato con la nostra collaborazione il 4 febbraio 2013 da L’Unione Sarda. 

di Paolo Loche

Le sirene della contraerea oppure tre colpi di cannone. L’allarme si dava così. Non c’era tempo da perdere.

Bisognava correre nei rifugi e sperare. L’ingresso veniva sbarrato e riaperto solo a bombardamento cessato.

All’interno il terrore era palpabile. Si stava al buio. “C’era chi sgranava il rosario in silenzio, chi pregava a voce alta” afferma Marcello Polastri.

Il bastione devastato dalle bombe del 1943

Qualcuno se la faceva addosso per la paura. Sono trascorsi settant’anni da quei tragici giorni – il 17, 26 e 28 febbraio 1943 – ma per chi li ha vissuti sembra ieri. Gli anziani ricordano bene la guerra. Impossibile dimenticare la città rasa al suolo, le vittime, la povertà, la fame.

Mentre i palazzi crollavano, a salvare la vita a tanti cagliaritani furono i rifugi allestiti nelle grotte.

IL TOUR DELLA MEMORIA. Ieri mattina alcune di quelle gallerie, sparse tra Marina e Stampace, sono state meta di un tour della memoria promosso dalle associazioni Cavità Cagliaritane e Amici di Sardegna.

Un centinaio i cittadini che hanno aderito all’iniziativa, incuranti della pioggia battente. Tra loro anche alcuni sopravvissuti.

Come Gianni Dessalvi, 80 anni, stampacino doc. «Avevo dieci anni», ricorda, «vivevo in via San Giorgio e la nostra casa fu miracolosamente risparmiata. Il 26 febbraio fummo ugualmente costretti a sfollare a Gergei. Rientrammo nel 1955.

Ero piccolo ma ricordo bene l’immane devastazione, la città ridotta a un cumulo di macerie». Ferite ancora oggi visibili nei quattro rioni storici.

«CIBO RAZIONATO». «Il cibo era razionato. Per avere il pane bisognava esibire la tessera. In via Crispi c’erano le “Latterie Mussolini”».

Marina e Stampace erano il cuore del commercio. In via Sardegna c’erano i napoletani, in piazza Savoia i cinesi. «Piazza Yenne era il regno del mercato nero», ricorda Efisio Podda, «si vendeva di tutto, ma rigorosamente a sa martinica (di nascosto)».

Marcello Polastri intervista una signora testimone sei bombardamenti del 1943

CECI AL POSTO DEL CAFFÈ. Il caffè era introvabile, veniva sostituito da una bevanda a base di ceci tostati.

Nell’hinterland si festeggiava l’arrivo degli americani. «A Uta ci regalavano cioccolata, whisky, sigarette e chewingum», ricorda un pensionato, «in cambio ci chiedevano carne e ortaggi. Era pieno di bambini con le mani mutilate perché dal cielo piovevano penne esplosive».

LE TAPPE DEL TOUR. Il tour della memoria di ieri, primo di una lunga serie di appuntamenti per il Settantennale, è stato condotto dallo speleo-archeologo Marcello Polastri e dal giornalista Roberto Copparoni.

Cagliari sotterranea. La cripta di Santa Restituta usata come rifugio

Partenza da piazza Matteotti alle 10,30, tappe in via Sardegna, via Napoli, piazzetta Savoia, piazza Yenne (visita alla Grotta Marcello) e Stampace Alto (cripta di Santa Restituta). Conclusione a mezzogiorno nel piazzale della Clinica Aresu, dove un tempo sorgeva l’ospedale in grotta di Santu Lemu (San Guglielmo).

IL COCCO FRESCO. Ricordi brutti ma anche belli. Nel dopoguerra tutti andavano matti per il chiosco del cocco fresco di piazza Yenne. In via Baylle c’era la pasticceria Ramondetti. Si mangiavano i cannoli e le cassate. E si faceva a gara a chi ingurgitava più uova sode. Alla drogheria Clavot, invece, le massaie acquistavano, tra le altre cose, polvere azzurrina per rendere più belle e lucenti le lenzuola.

Da: L’Unione Sarda, 4 febbraio 2013. Titolo: Bombe ’43. Via al tour della memoria settant’anni dopo.

Servizio del 13 feb 2017. A cura di M. Polastri. 

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