Il nuraghe Serbissi tra Gairo e Osini

Alla scoperta dei sotterranei nuragici

Il nuraghe Serbissi tra Gairo e OsiniQuanti siti nuragici sono stati edificati sulle grotte e i complessi sotterranei?

Di sicuro tanti, tantissimi. Andiamo a scoprirli…

 

 

Da Tiscali a Sarroch, da Nuoro a Cagliari, sono tante le torri nuragiche che poggiano su sotterranei molto interessanti, quasi tutti usati dall’uomo che ha sfruttato quanto offerto da madre natura:

il suo grembo materno, vale a dire le grotte cave, createsi per vari fenomeni, soprattutto quello carsico.

 

Il nuraghe Serbissi tra Gairo e OsiniSono cavità sotterranee a volte grandi, altre ancora di dimensioni ridotte, strette strette e quasi impraticabili. Comunque interessanti.

Per meglio conoscere queste realtà sotterranee, per stabilire (se presente) e capire e il loro legame con i monumenti nuragici costruiti sopra le medesime caverne, il Gruppo Cavità Cagliaritane e l’associazione Sardegna sotterranea hanno avviato una indagine conoscitiva che sta spaziando in vari territori sardi.

Nei giorni scorsi, ad esempio, abbiamo esplorato la grande grotta di Serbissi a Osini, praticamente tra le montagne di Ulassai, Gairo e dintorni.

Siamo saliti su una montagna che sfiora i mille metri, bellissima. Lassù la vegetazione è lussureggiante.

Accompagnati dagli abitanti del posto abbiamo appurato che il complesso nuragico di Serbissi è straordinario e ben conservato. 

Edificato sull’altopiano calcareo denominato “Taccu” si compone di un nuraghe complesso del tipo a tholos, circondato da un villaggio di otto capanne soprastanti una grotta che si sviluppa nel rilievo che sorregge il nuraghe.

 

Marcello Polastri in un nuragheLa frequentazione del sito, secondo gli archeologi, si attesta dal XVII secolo a.C. al X secolo a.C. Già, ma cosa facevano i nuragici nella grotta sottostante?

Sicuramente la usavano come passaggio per attraversare la montagna dato che da una parte all’altra, la medesima grotta, consente di attraversare il rilievo montuoso.

Al suo interno troviamo una particolarissima sabbia lasciata dall’acqua che scorre nei periodi di forti pioggie. Alcuni muri di pietra adiacenti gli ingressi della grotta, attestano la presenza umana al suo interno, anche recente, quasi certamente dei pastori che l’hanno usata come ovile. Abbondano tracce di fuochi sia vecchi che recenti e peli di capre e di pecore, oltre ai loro escrementi.

Indossata la tuta speleologica, torcia in testa, ci siamo calati in alcuni pozzi e cunicoli: abbiamo portato fuori dalle oscurità della terra una ricca documentazione video-fotografica che andrà in onda sul canale web tv SCOPRIREAbbiamo poi scoperto, nella non molto distante zona della Scala di San Giorgio (a qualche chilometro dalla Grotta di Serbissi), alcune realtà che confermano ipotesi leggendarie di collegamento tra si sotterranei dei nuraghes di Sardegna e le aree collinari. I nuragici, di sicuro, avevano familiarità con il sottosuolo. Ne riparleremo.

Marcello Polastri

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