Mare di Sardegna

Riemergono tesori nel porto di Karales.

Dopo più di due millenni, gli archeologi, stanno riportando in superficie diverse anfore di terracotta custodite gelosamente dal mare, sotto una coltre di fango. Accade in questi giorni nel porto di Cagliari: i fondali antistanti il molo Ichnusa e l’adiacente banchina Garau  ricevono le immersioni degli archeologi subacquei che. scansando bottiglie e ferri arrugginiti, ritrovano traccia dei nostri colonizzatori…

 

 

 

La Soprintendenza archeologica raccoglie i primi frutti di un lavoro faticoso che ha luogo in acque relativamente fredde (14 gradi centigradi), nell’ambito di una campagna di scavo concentrata su un’area estesa quasi tre ettari.

L’indagine scientifica dovrà appurare se quest’area nasconda altre importanti testimonianze del passato e, a proposio di passato e di storia, non va dimenticato che le acque cagliaritane, dal Poetto a Santa Gilla, restituiscono da sempre anfore e protomi, gioielli e altri manufatti. Come non ricordare, in tal senso, i volti barbuti e ghignanti, maschili e femminili, di uomini e divinità con sembianze anche animalesche, rinvenute nello stagno di Santa Gilla a pochi passi dal moderno edificio della società Tiscali?

Spesso i pescatori della zona, che dallo stabulario accedono alla laguna, con i loro “coppi” e pale utili a raccogliere i mitili, si imbattono nella scoperta di cocci antichi e anfore complete, pressoché integre e che custodiscono resti di cibi e vivande. Ciò avviene da sempre: nell’estate del 2008, il signor Pinuccio Puddu ha raccontato alla nostra associazione che nelle acque di Santa Gilla sono stati individuati diversi insediamenti archeologici sia punici che romani ed anche d’età giudicale, sepolti dal fango e molto probabilmente integri.Ricordo, durante un convegno sulla speleologia urbana e archeologia dedicato ai colli di Sant’Avendrace, che ebbe luogo nei locali dello stesso stabulario di Santa Gilla, che il professor Francesco Cesare Casula raccontò in pubblico di essere a conoscenza della scoperta di un medaglione d’oro zecchino, avvenuta in quelle acque!

Ma rientriamo al porto di Cagliari. In epoca romana era uno dei due grandi approdi urbani (il secondo era situato a Su Siccu). Tra i primi reperti di epoca romana, datati tra il quarto e quinto secolo dopo Cristo, sono riaffiorate l’altro ieri due anfore costruite nell’area egea e in quella egizio-palestinese. Come mai sono finite sul fonde del mare? Di certo è accaduto quando ancora il porto di Cagliari, inteso come area dotata di banchine, non esisteva.

 E’ anche vero che il “lungomare” oggi identificato nell’attuale porto antistante via Roma, era un punto d’attracco e di passaggio delle navi romane e, forse, anche di quelle puniche, naturalmente nei secoli precedenti. Il lavoro di ricerca appena avviato, coordinato dall’archeologo subacqueo Ignazio Sanna e coadiuvato da alcuni subacquei, durerà due mesi e anticipa le operazioni di “pulizia” e “approfondimento” del fondale marino deciso dall’Autorità portuale. Così le grandi navi da crociera potranno attraccare in quel luogo, deputato da sempre a ricevere visite.

 

Marcello Polastri

 

Per le immagini si ringrazia: Andrea Piras e la Soprintendenza Archeologica di Cagliari.

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