“Quel bagno penale sicuramente dismesso mi ricorda la mai infanzia, quando con mio padre e mio fratello si andava a fare il mercato coi banchi di abbigliamento e di scarpe nei giorni di ricevimento dei detenuti da parte dei parenti e si pernottava nell’unica locanda adiacente il carcere” racconta Pietro Cossu.
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La colonia penale di Castiadas in Sardegna
“Spesso si vedevano quei poveri infelici, quasi tutti ergastolani lavorare nei campi apparentemente liberi ma ben sorvegliati da guardie armate e noi bambini si doveva stare attenti a non sconfinare, non essendoci barriere a delimitare quei campi, quasi tutti uliveti”.
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Di quel mondo laborioso che è stato il Carcere, perlomeno la sua parte esterna, non resta più nulla, eccetto che qualche ricordo come quello offertoci oggi via e-mail, dal signor Cossu, che ringraziamo.
IL CARCERE è come una pietra miliare (ma infelice) per la storia di Castiadas. Perché un tempo, dire “vado a Castiadas”, non era sinonimo di andare nelle bellezza spiagge e località balneari della zona, bensì finire in gattabuia, far “casanza”, entrare dietro alle sbarre e far carcere duro!
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La colonia penale di Castiadas
Quella di Castiadas era un struttura carceraria immensa: una città nella periferia di un paese. Si racconta che a volte il numero dei detenuti avesse superato di gran lunga quello degli abitanti del paese stesso! Ma questa è solo una delle mille vicende di una storia sulla quale ritorneremo.
Marcello Polastri
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