La magia della necropoli di Sant’Andrea a Bonorva

Accesso alla Tomba del Capo

Accesso alla Tomba del Capo


 

Esistono posti di antica memoria in Sardegna dove i riti legati al culto dei morti e all’acqua, la fonte di vita per eccellenza, si sono incontrati nel tempo. Non sempre in modo simultaneo. Di sicuro ciò è avvenuto attraverso l’uso e il riuso del sottosuolo.

Insomma, grazie allo sfruttamento della roccia per ricavarci alcuni spazi “vuoti”,  ad esempio gli ipogei preistorici. Che poi tanto vuoti non sono. Bensì ricchi di vita vissuta. 

La necropoli ipogeica di Sant’Andrea Priu è uno dei siti archeologici tra i più suggestivi dell’isola dei nuraghi.

Una splendida attrattiva per i turisti, a dire il vero poco sfruttata e poco visitata rispetto alle sue potenzialità, situata a meridione della pianura di Santa Lucia.

Una vallata verde, questa, ricca d’acqua e dove, a non molta distanza dalle sepolture preistoriche, il liquido vitale viene imbottigliato da più di 120 anni.

ACQUE ECCELLENTI. Si tratta dell’acqua minerale frizzante intitolata appunto a Santa Lucia. 

Questo il nome dello stabilimento nel quale si recò, nei  primi anni del 1900, l’illustre archeologo Antonio Taramelli per osservare da vicino un grande circolo di pietre.

Al suo interno vi erano altri circoli di pietre al cui interno vi scorreva, da millenni, un’ottima acqua.

E dove c’è l’acqua c’è vita, e dunque energia in movimento… 

La vallata di Santa Lucia

La vallata di Santa Lucia

Per meglio scoprire la storia della Sardegna val la pena fare un salto qui, nel territorio di Bonorva, in provincia di Sassari.

È importante e diciamolo chiaramente, è pure salutare visitare uno dei più importanti complessi ipogeici della regione dei quattro mori.

 Tra la necropoli e lo stabilimento Santa Lucia, infatti, di acqua che ha attirato l’interesse dell’uomo ne scorre tanta, da millenni. Le primissime popolazioni che vi si stabilirono crearono una ventina di Domus de Janas, particolarissimi ipogei funerari scavati nella trachite.

Particolari scavi nel terreno: le coppelle.

Particolari scavi nel terreno: le coppelle.

Una di queste tombe si compone di ben diciotto vani; a buon titolo è una delle più estese del bacino del Mediterraneo: la Tomba del Capo.

Essa ha un’estensione di circa 250 mq. Un piccolo atrio che funge da ingresso detto “anti-cella”, immette in due ampie stanze dalle quali dipanano altri vani più piccoli e loculi, ma anche piani per la deposizione dei defunti.


In periodo romano e poi bizantino la Tomba del capo fu trasformata in una chiesa rupestre, intonacata e splendidamente affrescata. E’ una delle più spettacolari domus conosciute al mondo.

Bellissime pitture nella Tomba del Capo.

Bellissime pitture nella Tomba del Capo.

Dai documenti d’archivio scopriamo che fu riconsacrata nel 1313 dal vescovo di Sorres Guantino di Farfara e intitolata a Sant’Andrea.

Trasformata con l’arte dello scalpello in chiesa rupestre, accolse ambenti utilizzati come nartece per i catecumeni, aula per i fedeli battezzati e presbiterio riservato a chi officiava i riti religiosi.

Un luogo considerato una delle prime chiese nel tempo delle persecuzioni. Ma anche un tempio cristiano che riadattò uno spazio pagano. Di antiche memorie.

La grande Domus de Janas "del capo".

La grande Domus de Janas “del capo”.

LE DOMUS. Fra le domus che compongono la necropoli, tre di esse, sia la Tomba del capo che quelle “a capanna circolare” e la Tomba “a camera”, sono in perfetto stato di conservazione. Ciò detto, secondo gli archeologi.

LE OSCURE BOCCHE d’accesso alle domus, che secondo la cultura popolare sarda erano abitate da delle fatine (janas significa appunto fata), si trovano a pochi metri d’altezza dal piano di calpestio.

Una domus particolarissima: la scultura del Toro.

Una domus particolarissima: la scultura del Toro.

Accedere nei vani interni significa fare un salto indietro nel tempo: travi, architravi, stipiti, pilastri rotondi perfettamente modellati nella roccia, riproducono fedelmente un ambiente domestico.

Era quello l’aspetto delle case degli uomini preistorici?

Di certo sono divenute il luogo sotterraneo, tenebroso, nel quale venivano deposti i defunti, al tempo della cosiddetta Cultura di Ozieri, periodo del Neolitico Finale, dunque dal 3500 al 2.900 a.C.

Non solo. Molte caverne furono riadattate successivamente. Dalla preistoria all’età storica ed anche modificate e dunque riusate in epoca medievale.

L'archeologo Taramelli.

L’archeologo Taramelli.

Un posto da visitare e che prossimamente potrete gustarvi sul canale web-televisivo SCOPRIRE, con  EJA-TV condotto da Marcello Polastri con le belle immagini di Nicola Di Mille. Un programma che ci condurrà nei misteri della Sardegna, tra storia e archeologia, in collaborazione con Sardegna Sotterranea. 

A proposito: sapevate che nella Tomba del Capo, durante il solstizio d’inverno,  penetrano i raggi solari che riflettono da una pozza d’acqua un fascio luminoso capace di irradiare un vano sotterraneo assai profondo? 

È anch’essa una piccola grande magia. Figlia del sapere dei nostri antenati che seppero modellare la roccia, scavandola, sia per accogliere i defunti che per raccogliere l’acqua. Ne riparleremo in TV, e nel web. 

 

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