Sotto l’ospedale, una vecchia galleria

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Muffe sulle volte del sotterraneo

Si nasconde nelle viscere della terra, sotto l’andito principale dell’Ospedale San Giovanni di Dio a Cagliari, un lungo passaggio sotterraneo. Questo luogo recondito creato nella roccia dalle abili mani dell’uomo, ha ospitato nel corso del tempo tantissimi oggetti inutilizzati, soprattutto masserizie e vecchi elementi d’arredo del soprastante nosocomio.

Una suggestiva leggenda ritiene che la galleria apparteneva all’articolata via di fuga che dal quartiere Castello si dipanava nelle profondità della roccia per favorire, in caso di assedio, la fuga dei castellani. Un sistema fatto di cunicoli che dalle alte colline sbucavano nella zona lambita dal mare.

Una leggenda che, per quanto suggestiva, non ha però validi riscontri con la realtà. Di recente, le ricognizioni speleologiche del Gruppo Cavità Cagliaritane hanno infatti attestato che questa cavità non è poi così antica. Anzi, sarebbe sorta dopo il 1800, secolo nel quale fu costruito l’Ospedale civile progettato da Gaetano Cima.

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Vecchio impianto di illuminazione

Nel 1942-43, durante la seconda guerra mondiale, la città di Cagliari era priva di rifugi anti-aerei. Le autorità dovettero rivalutare la presenza delle grotte situate sotto i quartieri storici e sotto le colline, adibendole a ricoveri per la popolazione civile e per i militari. Altre cavità sotterranee furono invece ripensate e scavate ex-novo. E’ proprio il caso del tunnel sotto il San Giovanni di Dio.

Imprese esperte nello scavo della terra e nella realizzazione dei ricoveri anti-crollo, poterono confrontarsi con la natura rocciosa della città, scavando sotto le sue strade e i palazzi, ambienti articolati e in alcuni casi molto complessi.

Analizzando i documenti d’archivio abbiamo scoperto che il sotterraneo dell’Ospedale civile è stato concepito per accogliere le persone in caso di bombardamento e, nel dettaglio, per ospitare i degenti, i medici e gli infermieri.

Il ricovero underground si componeva di una galleria principale, dotata di un impianto di illuminazione (visibile nell’immagine) e di maschere antigas.

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Un rifugio sotto Cagliari

Lungo le sue pareti sono visibili, poste a una decina di metri le une dalle altre, numerose stanze: interamente scavate nella roccia, come i restanti ambienti, recano ancor oggi i segni delle mine esplosive.

Si tratta di piccoli fori tondeggianti, larghi quanto un uovo, scavati sulle pareti di roccia per inserire i candelotti esplosivi. Qualche residuo della polvere che favoriva la detonazione e dunque il distacco delle pietre calcaree, è riconoscibile se confrontata con la roccia biancastra del luogo.

La deflagrazione delle cariche di dinamite consentì ai cavapietre di farsi spazio nel sottosuolo, di avanzare celermente nella realizzazione del rifugio destinato all’ospedale soprastante.

In caso di bombardamento aereo i degenti sarebbero stati trasferiti sottoterra.

Ciò, però, non accadde in quanto l’opera sotterranea non venne ultimata: lo attesta l’assenza dei rinforzi generalmente realizzati, in questo tipo di rifugi, con il cemento amato, come era consuetudine dell’epoca.

 

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Cagliari, durante i bombardamenti, rischiò di scomparire

L’accesso al sotterraneo è – oggi come allora – praticabile per mezzo di due cunicoli inclinati che dal cortile dell’ospedale immettono nella galleria principale.

Per superare il dislivello del terreno furono create due scalinate poste l’una di fronte all’altra.

Nella galleria principale del ricovero, il tempo, come per magia, sembra non trascorrere. 

L’umidità è percepibile e insiste per tutta la galleria che si presenta larga poco più di 3 metri e alta 220 centimetri, quindi comodamente percorribile.

A sorprendere, in prossimità dell’ingresso del sotterraneo, è una cisterna di origine punico-romana.

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Ingresso del tunnel

Si tratta, dunque, di un vecchio serbatoio d’acqua scavato nella massa calcarea che, nel 1942, è stata sventrata con lo scavo del rifugio.

Un fatto accidentale che ha segnato l’incontro tra storie e culture diverse, quella punico-romana e quella moderna che si sono sovrapposte come spesso, o forse da sempre, accade nel lungo cammino dei secoli. Anche nelle viscere della terra.

 

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