Fascino e poesia: la Grotta della Vipera

La tomba gentilizia denominata

Quel che resta della Tomba gentilizia di Attilia

La Grotta della Vipera e la sua storia sono entrate a far parte dell’identità della città di Cagliari, stimolando la fantasia e la creazione di leggende. Lo afferma Marcello Polastri in una intervista rilasciata a Cristina Muntoni per il giornale La Donna Sarda.  «Secondo alcuni il fantasma di Attilia farebbe spesso la sua comparsa – racconta il giornalista e speleologo Marcello Polastri, profondo conoscitore della necropoli dove l’heroon di Attilia è situato – Ma la leggenda più interessante è quella che vuole che nel sottosuolo del tempio si nasconderebbe un favoloso tesoro.

In effetti esistono due passaggi sotterranei molto insidiosi che ho esplorato. Ho scoperto, documentandolo in uno dei miei libri, che nelle vicinanze del sepolcro nel 1600 abitavano due coniugi che chiesero al Procuratore Generale della Sardegna il permesso per poter scavare ed esplorare i cunicoli. Se trovarono il tesoro, però, non lo sappiamo».

Grotta_Vipera

Con Sardegna Sotterranea in visita nella Grotta

Quello che sappiamo è che il tempio sepolcrale è entrato nell’immaginario della città. Gli abitanti del rione di Sant’Avendrace, per generazioni scavarono alla ricerca di questo tesoro che, secondo la leggenda popolare, sarebbe nascosto in uno dei cunicoli della grotta accanto a quello in cui i malcapitati troverebbero la mitica e terribile Musca Macedda, un gigantesco insetto dalla puntura mortale.

A stare, invece, fuori dai cunicoli e a passare soltanto davanti al tempio, staranno coloro che vedranno il tesoro in ogni più piccolo frammento del tempio perché ogni fregio e ogni insenatura è la celebrazione del vero amore, cantato nei versi che Filippo compose e fece scolpire nella roccia:

“Possano o Pomptilla queste tue ceneri
fecondate dalla rugiada
essere trasformate in gigli ed in
verdi fronde ove sbocci la rosa
e risaltino il profumato zafferano ed il
semprevivo amaranto.

Possa tu diventare ai nostri occhi
il fiore della primavera
affinché abbia come Narciso,
questo oggetto di lacrime eterno.

Ma se Pomptilla sacrificò se stessa
per l’amato sposo, Filippo, vivendo suo malgrado,
brama ardentemente di vedere presto riunita
la sua anima a quella
della più dolce delle spose”.

L’articolo è contenuto nel link originale del Giornale, La Donna Sarda.

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