I Giganti di Mont’e Prama: tutti i dubbi, segreti e verità da conoscere

Chi erano i Giganti di Mont’e Prama, come li realizzarono? Ecco tutti i segreti, i dubbi, le verità.

Giganti di pietra

Le statue giganti esposte nel museo archeologico di Castello.

Gli antichi Sardi adoravano e omaggiavano i loro cari estinti dedicando loro singolari sculture: dai modelli di nuraghe alle statue giganti, quelle di Mont’e Prama. 

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Sono opere scultoree, le STATUE GIGANTI, che gli antichi Sardi realizzarono al tempo dei nuraghi, usando utensili particolari: dai raschietti per levigare le superfici alle punte affilate per incidere linee  sottilissime di dettaglio.

Non solo: i realizzatori delle statue giganti adoperarono con maestrìa anche un trapano, ed una specie di compasso per ottenere cerchi perfetti. 

Ricostruzione ipotetica di antichi oggetti: trapani e scalpelli.

Altro che sardi rinchiusi, nei millenni passati, tra ovili e nuraghi-magazzino, oppure impegnati a far guerre tra clan rivali.

La letteratura archeologica va rivista alla luce delle nuove acquisizioni ma anche delle domande che ne conseguono.

Le statue giganti esposte nel museo di Cabras

LA STORIA DI MONT’E PRAMA.

 

Per millenni, sotto un fazzoletto di terra  situato tra il mare e la campagna, ha riposato una vasta necropoli poi divenuta famosa in tutto il mondo. Una necropoli che ha in un certo senso sconquassato la storia  raccontataci sulla Sardegna: isola dove il monumento simbolo è il Nuraghe.

Sono unici nel loro genere I NURAGHE, rappresentativi della Civiltà nuragica, sulla loro funzione gli studiosi ancora non hanno espresso un parere unanime.

Eppure la maggior parte di loro ritiene che furono costruiti nel II millennio a.C., a partire dal 1800 a.C. fino al 1100 a.C.

Un nuraghe secondo una ricostruzione

Poi, nel 1974 la scoperta dei giganti di Mont’è Prama.

IL NOME di Mont’e Prama (o monti ‘e Prama), deriva dalle piccole palme che un tempo erano visibili alla base di un’omonima collina, a circa  2 Km dallo stagno di Cabras.

Giganti di pietra

Le statue giganti.

La  fama  del sito è dovuta proprio ad esse, a una serie di statue di pietra scoperte a pochi centimetri di profondità nel terreno, e ribattezzate “giganti” o “SOS GIGANTES” per le loro fattezze. 

Teste grandi con altrettanti grandi cerchi concentrici al posto degli occhi, e poi una piccola “riga” un piccolo solco lineare al posto della bocca. Per alcuni ricorderebbero il volto di un “alieno”, ma non siamo a tanto ovviamente!

La testa di un gigante scoperto a Monti Prama

Le statue sono scolpite in arenaria gessosa locale e la loro altezza varia tra i 2 e i 2,5 metri.

RAFFIGURANO: 

Uomini armati di scudi, con il pugno serrato: era un esercito di pugilatori? Magari di guerrieri? Arceri o faretrieri?

Queste domande riempirono le pagine dei giornali quando un gruppo di “indipendentisti” filmò nei locali di un museo sardo migliaia di frammenti delle statue, in attesa di poter essere studiati. 

Scavi Monti Prama

Nella foto di Marcello Polastri gli scavi archeologici di Monti Prama.

IL SITO. È situato lungo la strada asfaltata che dal paese di San Salvatore conduce a Riola Sardo che possiamo osservare, su un lato, una recinzione metallica: è questo il cantiere di scavo archeologico.

Ma sulla loro storia sono state sollevate diverse perplessità, ad esempio il docente universitario di Diritto Amministrativo nell’ateneo di Cagliari, Andrea Pubusa.

Le teste e gli occhi delle statue sono troppo perfetti rispetto al resto – scrisse nel suo blog Democrazia Oggi – e, per dirla tutta, con un forte odore di trapano elettrico“.

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E poi: “Statue di quelle dimensioni presuppongono un contesto grandioso, che a Monte Prama, per quanto ricco di reperti archeologici, non pare esserci.

Come mai lì questi giganti?

Esistono in Sardegna altre statue di quel tipo? E perché mai le statue sono state volutamente rotte e spezzate con la subbia in diverse parti del corpo?“.

Gigante di pietra

Statua gigante da Monte Prama.

LA SCOPERTA, nel marzo  1974, è dovuta ai contadini della zona che eseguivano lavori agricoli e che inciamparono per caso –  con i loro aratri – su delle strane pietre.

Avevano “forma di teste umane gigantesche, o di braccia “.

Per queste ragioni chiamarono “quelli della Soprintendenza… gli archeologi”.

Furono gli studiosi Giovanni Lilliu in compagnia di Enrico Atzeni a intuire l’importanza del ritrovamento.

Gli scavi archeologici a Monti Prama.

Seguirono GLI SCAVI tra il 1975 (lo scavo Bedini), e il 1979.

La prima campagna di scavo consentì di individuare una decina di sepolture definite “a cista litica quadrangolare e altre a pozzetto circolare, alcune delle quali associate a materiali ceramici nuragici”.

Un gigante dotato di scudo.

A seconda delle ipotesi, la datazione dei Kolossoi – nome con il quale li chiamava l’archeologo Giovanni Lilliu oscilla dal IX secolo a.C. o addirittura all’XI secolo a.C., ipotesi che potrebbero farne fra le più antiche statue a tutto tondo del bacino Mediterraneo, in quanto antecedenti ai kouroi della Grecia antica, dopo le sculture egizie.

Scultura statue monti Prama

Una ricostruzione scultorea dei “giganti di pietra”.

PUGILATORI

Con il secondo intervento, condotto tra il 1977 e il 1979 da Carlo Tronchetti, vennero individuate altre trenta tombe.

Erano allineate su un unico filare, da sud a nord. Ad est delle precedenti furono scoperte altre tre sepolture. 

A ridosso delle tombe fu scoperto un tratto di strada, forse una “via cerimoniale con lo stesso orientamento“.

Il museo archeologico di Cabras.

LE SEPOLTURE, scavate nel terreno, sono del tipo a pozzetto subcilindrico, hanno un diametro dai 60 ai 70 cm, ed una profondità dai 70 agli 80.

I POZZETTI erano coperti da lastroni quadrangolari di arenaria gessosa di 100 cm x 100 e x 14 di spessore.

I MORTI.Gli individui sepolti, stavano in posizione seduta o inginocchiata. Erano uomini e donne morti in età adulta.

Qualche scalpello antico…

Le tombe scavate con il secondo intervento erano del tutto prive di corredo ad eccezione di una. Una sepoltura importava che ha restituito “uno scaraboide egittizzante – secondo gli archeologi – di incerta attribuzione“.

LE STATUE. Queste sepolture erano ricoperte da un accumulo di materiali scultorei, dai resti delle statue giganti.

Gli scopritori parlano di  5178 frammenti di statue maschili e di altri elementi scultorei in calcare arenaceo. 

IL RESTAURO. I materiali ritrovati, recentemente restaurati nel Centro di Conservazione e Restauro di Li Punti a Sassari, sono pertinenti a statue maschili, ma anche a modelli di nuraghe e di betili.

Un guerriero gigante con lo scudo fedelmente riprodotto

I GIGANTI. Le 28 statue finora identificate, tutte frammentarie, rappresentano 16 pugilatori, 5 arcieri e 5 guerrieri. Ma chi le fece a pezzi? Perché? 

I PUGILATORI indossano un gonnellino e sono a torso nudo; proteggono la testa con uno scudo tenuto dalla mano sinistra posta alla sommità del capo, mentre la mano destra, protetta da un guanto, regge l’altro lato dello scudo.

Come altre statue sono state ridotte in tanti frammenti! 

GLI ARCIERI indossano una corta tunica e una protezione sul petto, hanno un elmo a due corna sulla testa da cui spuntano lunghe trecce; il braccio sinistro, protetto da una guaina e da un guanto, tiene un arco.

Il braccio destro ha avambraccio e mano protesi in avanti. Le gambe sono protette da schinieri. La presenza di frammenti non riconducibili alle iconografie descritte ha suggerito la possibilità che vi siano altre figure di guerriero tra cui quella connotata dalla presenza dello scudo.

Un bronzetto nuragico, in questo caso ritrovato a Matzanni tra Villacidro e Vallermosa.

I BRONZETTI-MODELLO. Quasi certamente il modello di riferimento furono i bronzetti nuragici, piccole figure ritrovate in Sardegna perlopiù nei pozzi sacri. Le statue in pietra dei giganti riprendono infatti, abbastanza fedelmente, i personaggi e gli stilemi di quei bronzetti.

Ma perché realizzare così tante statue accanto a delle tombe? Domande affascinati che ad oggi non hanno trovato una esaustiva risposta. 

A pensare che sempre qui, a Monti Prama, sono stati riportati alla luce 16 modelli di nuraghe.  

Nuraghe

Nuraghe in Sardegna, in questo caso a Suelli.

I NURAGHI SCOLPITI. Tre esemplari di nuraghi scolpiti, sono riferibili a monumenti complessi quadrilobati, 5 a polilobati, mentre 8 rappresentano torri singole.

Perché stavano qui, accanto alle sepolture e alle statue giganti? 

I BETILI. Ci sono anche loro, scolpiti nell’arenaria, del tipo cosiddetto “Oragiana”, cioè di forma troncoconica con incavi quadrangolari poco sotto il colmo.

Allo stato attuale degli studi sulla civiltà nuragica, si ritiene che la necropoli di Mont’e Prama possa aver costituito lo spazio funerario riservato ad un gruppo familiare dominante nella società nuragica della prima età del Ferro. Ma anche questa, ad oggi, è una supposizione.

Il museo archeologico di Cabras.

IL RESTAURO ha consentito di individuare in tutto 28 statue maschili, di cui 16 pugilatori, 6 arcieri, 6 guerrieri; 16 modellini di nuraghe che si riferiscono: in 8 casi a monumenti monotorre, in 3 a quadrilobati, in 5 a polilobati. 

Marcello Polastri

Fine prima parte. 

 

Un po’ di bibliografia…

  • G. Lilliu, Dal betilo aniconico alla statuaria nuragica, in Studi Sardi, 24 (1975-76), 1078.
  • G. Lilliu, La grande statuaria nella Sardegna nuragica, Atti dell’Accademia Nazionale dei Lincei (Memorie), 34 (1997).
  • C. Tronchetti, I Sardi, Traffici, relazioni, ideologie nella Sardegna arcaica, Longanesi, Milano
  • P. Bernardini, La Sardegna e l’Orientalizzante. Una riflessione di metodo, in M. Madau (a cura di) Dall’Orientale all’Orientalizzante. Aspetti materiali e ideologici. Atti del seminario di studi del corso di Archeologia e Storia dell’Arte del Vicino Oriente Antico, Sassari, 26 maggio 1999, Università degli Studi di Sassari, Sassari 2000, 27-34.
  • G. Lilliu, La civiltà dei Sardi. Dal Paleolitico all’età dei nuraghi, Il Maestrale/Rai Eri, 2004.
  • C. Tronchetti, Le tombe e gli eroi. Considerazioni sulla statuaria di Monti Prama, in P.
  • Bernardini, R. Zucca (a cura di), Il Mediterraneo di Herakles. Studi e ricerche, Roma, 2005,
    145-167. 

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